Diventiamo un anello di questa catena che ci tiene agganciati alle sofferenze dei palestinesi anche adesso che la mattanza è finita e l'attenzione in medioriente è spostata sulle elezioni in Israele.
Ecco la testimonianza di Vik da Guerrilla radio.
"Israele racconta al mondo di una tregua che non esiste. I contadini non sono autorizzati a coltivare i loro campi, (due gli assassinati dall'esercito israeliano negli ultimi dieci giorni), i pescatori non riescono a pescare nel loro spazio di mare legittimo (diversi i feriti dalla marina di Tel Aviv, l'ultimo quest'oggi, venerdì 6). Martedì ci siamo recati ad Al Faraheen, a est di Kahn Yunis, perchè chiamati da alcuni contadini locali. Ci hanno chiamato perchè non riescono a lavorare nei loro campi: sono costantemente presi di mira dai soldati israeliani. A bombardamenti finiti Israele ha dichiarato 1 chilometro dai suoi confini dentro il territorio palestinese zona militare inaccessibile. Un limite arbitrario e assolutamente illegale, immaginatevi cosa vuol dire a chi dentro quel chilometro ci vive, o ci coltiva la terra per vivere."
Dal blog di Samie:
"Con tutto quello che sta succedendo in Italia è facile perdere di vista ciò che sta accadendo a Gaza. All'improvviso non se ne parla più nei notiziari se non in maniera marginale. Ha smesso di essere il fatto del giorno ma, mentre i riflettori sono puntati altrove, gli illeciti, i soprusi, le prevaricazioni continuano. Solo che non ne parliamo come se questo silenzio, di fatto, annullasse la tragedia palestinese, ridimensionasse il numero dei morti e dei feriti, collocasse in un'altra dimensione la realtà triste e sporca di una guerra vile e ingiusta.
Così mi è venuta in mente l'idea di favorire, almeno in rete, la continuità dell'informazione creando una catena tra i blog che si occupano della causa palestinese...per non disperdere le notizie, per toccare con mano l'entità della partecipazione, per avviare concrete iniziative di aiuto e sostegno al popolo palestinese.
Lo so...ci sono già blogger che sono attivi in tal senso. Ci aggreghiamo a loro, li sosteniamo con forza, creiamo una talk force, un gruppo che non molla nemmeno quando altre notizie o altri fatti rischiano di oscurare cià che sta accadendo in quei territori grondnti di sangue innocente!
Per partecipare basta pubblicare un post pro Palestina sul proprio sito, avendo cura di aggiornare l'elenco degli "incatenati". Per comunicare la propria adesione, si può lasciare un commento a questo post al quale va fatto riferimento per leggere l'elenco aggiornato.
Io mi permetto di linkare il primo nodo della catena al blog di Vik Arrigoni:
8 commenti:
Sembra che nessuno sappia piu' che i palestinesi sono ancora imprigionati a Gaza. Che anche i generi di prima necessita' arrivano col contagocce, che fare le cose piu' normali ogni giorno come lavorare vuol dire rischiare la vita davanti al fucile affidando la propria vita all'umore del momento del soldato israeliano che ti guarda dal mirino. E questo sempre, ogni giorno. Il mondo fa finta di nulla. Ale di Pavia.
Grazie...ti linko subito...diffondi l'iniziativa :-))
come si fa?
@ arial
E' spiegato nel post, scritto in rosso. Hai letto il post, vero? ;-)
perdono ..lo sto leggendo adesso e posto l'iniziativa da me... facendo riferimento al tuo blog ciao
ehi, vedo ora. Ti ho aggiunto alla catena e vedo che anche Samie lo ha già fatto (hai visto il suo ultimo post? Propone un'iniziativa concreta molto bella e "costruttiva"). Spero tanto che da da questa catena possa uscire qualcosa di buono ...
un abbraccio e buona serata
v.
ci sto
Hamas ha protestato ieri contro la “congiura internazionale” che vorrebbe bloccare il contrabbando delle armi a Gaza, rivendicando il “diritto alla resistenza” dei popoli oppressi: nessuno si sogni di negar loro la possibilità di sparacchiare su Israele e di rapire soldati e ammazzare civili israeliani. Io non so se nella legge internazionale esista davvero un diritto del genere, ho trovato solo fonti diciamo non troppo obiettive. Ma vorrei cercare di immaginare con voi cosa potrebbe voler dire questo “diritto di resistenza, erroneamente scambiato per terrorismo”, che farebbe sì che “qualunque persona possa prendere le armi per resistere all’oppressione e diventare con ciò un combattente legittimo,” come ho letto in rete. Per esempio, una piccola minoranza degli abitanti di una provincia di uno stato democratico, che pratica una religione diversa o parla una lingua diversa dalla maggioranza, potrebbe decidere di essere oppressa, e “prendere le armi”, cioè mettere bombe, sparare a poliziotti e avversari politici, sequestrare i propri nemici ecc. Vi dice qualcosa questo? Per esempio a proposito di Irlanda del Nord, Paesi baschi e Alto Adige: Eta, Ira ecc.? Capisco. Oppure alcuni abitanti di una valle non gradiscono una linea ferroviaria e occupano i terreni per impedire la costruzione? Già, si chiamano No Tav. In Spagna hanno perfino ammazzato un imprenditore edile impegnato nei lavori. Ma se i poliziotti arrestano qualcuno dei “resistenti”, la loro è “repressione”, naturalmente “fascista”, non “resistenza”, sia chiaro!
Scusate, ma se io non gradisco l’arbitraggio di una partita, posso invadere il campo e picchiare i poliziotti, magari ammazzarne uno, così, per esprimere la mia “rabbia”? Per resistenza, voglio dire, non per tifo… Già successo anche questo? Lo studente di scuola media può “resistere” al professore che gli dà cattivi voti, magari picchiandolo? (La sospensione e il 5 in condotta in questo caso, sono certamente “repressione” e “congiura”, beninteso!) E il prepotente del secondo piano di casa mia, quello che mi dà fastidio ascoltando musica fino a tardi, non potrei “resisterlo” anch’io con un vaso di fiori in testa quando passa sotto la mia finestra? Purché non se la prenda, neh… Ah che bel mondo se tutti esercitassero il diritto di resistenza contro tutti… e nessuno potesse reagire. Per amore della natura, perché non chiamiamo “legge della giungla” questa meravigliosa utopia postmoderna? Gaza è un po’ sabbiosa, ma non ne è un esempio perfetto? I resistenti resistono moltissimo, sparano, rapiscono, fanno saltare bombe, e tutto il mondo approva, o almeno comprende… Ma attenzione, se gli israeliani si arrabbiano e rispondono ai missili, quella non è resistenza, è repressione e genocidio!
Andrea
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